Mostra monster in salsa Sangi
Nel 2023 sono stato alla mostra TOLKIEN. Uomo, Professore, Autore, fortemente voluta dal Ministero della Cultura. Ecco com'è andata.
Se non ricordo male fu lo scorso novembre (potrei sbagliarmi, ma ricordo il buio e le luci del traffico, i cappotti e gli stivali indossati sopra doppi strati di calzini – 100% cotone, verde menta, dall’ordito Spongebob fa ciao ciao con la manina –, fazzoletti nelle tasche imbevuti di muco giallastro). Parcheggiammo la macchina, salimmo gli alti scaloni marmorei, e dopo aver oltrepassato il colonnato d’ingresso e aver mostrato alla biglietteria la tessera della UCM (it’s free entry baby), mi ritrovai all’interno della GNAM, emozionato come un bambino.
Ma andiamo con ordine. Venerdì 6 settembre, complice lo scandalo legato al ruolo di Maria Rosaria Boccia all’interno del suo ministero, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano si è dimesso. Non è mia intenzione ricordare qui le varie gaffe di cui si è reso preso protagonista durante il suo mandato (Londra e Times Square; Colombo e Galileo; ecc.), ma raccontare l’esperienza vissuta quando ho visitato la mostra TOLKIEN. Uomo, Professore, Autore, fortemente voluta dal Ministero della Cultura e promossa dal Governo Meloni.
Chiariamoci immediatamente. Nei miei sogni più bagnati sono un elfo dai capelli argentati che indomabile cavalca il suo destriero – un Lipizzano pomellato – oltre le Montagne Nebbiose del Dunland, sfoggiando una lunga spada dall’elsa dorata sulla quale – oltre a vari rubini ovaliformi incastonati – è inciso a rilievo un raffinato motivo vegetale che rappresenta un arbusto di spine che si attorciglia attorno a un cuore sanguinante (psicopatici ne abbiamo?).
Con mia grande sorpresa, dunque, mi ritrovo a condividere questa vecchia passione con il presidente del consiglio, l’ormai ex ministro della Cultura e, apparentemente, mezzo elettorato di destra (come dimenticare il celebre Campo Hobbit). Ora, al netto delle varie critiche, Sangiuliano ha commentato l’esito della mostra – che in circa tre mesi ha fatto registrare 80.226 visitatori – positivamente:
“La mostra su Tolkien è stata uno straordinario successo di contenuti, sottolineato dalla grande partecipazione di pubblico, molti visitatori in più di quanti vanno alla Galleria Nazionale di Arte Moderna. Il dibattito che si è sviluppato intorno a questa mostra, anche da parte di chi ha inteso criticarla, è stato altresì positivo perché quando si discute attorno alla letteratura è sempre un bene. Di Tolkien restano infatti alcuni valori: la solidarietà, l'amicizia, la difesa della natura e soprattutto la salvaguardia dell'umano, dell'individuo con la sua spiritualità che un certo nichilismo vorrebbe cancellare”.
Ma torniamo a noi. Avevo varcato la soglia del museo ed ero finalmente entrato in Nerd City percorrendo la polverosa Memory Lane, aspettandomi, da un momento all’altro, di vedere la ricostruzione monumentale, non so, di una casa Hobbit o un ingresso litico su cui fosse scritta una frase in qualche lingua strana della serie “Dite amici ed entrate” (Mellooooon). Insomma, qualcosa che indicasse l’inizio della mostra.
Invece nulla.
Mi giro. Mi rigiro. Guardo, spaesato, un amico accanto a me, oggi un rispettato dottore di ricerca in Scienze Sociali Applicate, un tempo conosciuto con l’username di legolas_verdefoglia su vari forum a tema lotr, in cerca di risposte. Dopo aver girovagato a tentoni stile Frodo a Cirith Ungol, una sala ricoperta di ampi pannelli bianchi e pieni di scritte si apre davanti ai nostri occhi. Ci siamo! Ecco il bel faccione di Tolki Tolki che ci sorride nel suo completo di tweed kaki. Mae govannen dúnadan!
Eccitato, mi sono avvicinato col mio solito passo di salsa e ho cominciato a leggere. Il primo pannello (Gli anni dell’infanzia), il secondo (Gioventù in Sudafrica), il terzo (La carriera accademica), finché al quarto, non vedendo più i miei amici, mi sono accorto che erano passati tre quarti d’ora e avevo, probabilmente, qualche quarto diottria in meno.
Era la vita di Tolkien. Muri e muri ricoperti esclusivamente di questi pannelli, alcuni molto grandi, altri poco più che biglietti d’auguri, che raccontavano vari momenti della vita dello scrittore, i viaggi, le amicizie, le prime influenze, il tutto corredato qua e là da alcune lettere dattilografate: prestiti di libri, fondazioni di circoli letterari, opinioni su argomenti vari.
Ho affrettato il passo fino a ritrovarmi in una grande sala quadrata circondata da ampie teche in vetro con all’interno centinaia di copie dei suoi libri provenienti da ogni angolo del mondo. Di nuovo, ho visto la prima, ho visto la seconda (uguale), la terza (idem), tiè, ho visto pure la sessantasettesima signora mia, poi a una certa ho accannato e ho proseguito oltre.
Senza perderci d’animo, abbiamo svoltato un piccolo disimpegno e seguito il percorso fino alla base di una scala. Abbiamo alzato gli occhi e finalmente i dubbi covati fino a quel momento sono sembrati schiarirsi. Pareti ricoperte di disegni ci aspettavano. Saranno schizzi originali? Effusi direttamente dalla mano del maestro? No, ma certo che no, erano artwork fatti dai fan, anche di un certo pregio per carità, qualche firma famosa certamente, ma non partoriti dal pethron di Bloemfontein, né dalle sue pallide falangi artritiche.
E così non rimaneva che l’ultima sala, l’ultimo appiglio a cui aggrapparsi sperando di scorgere i verdi pascoli di Valinor e non le caliginose propaggini del Monte Fato. Oh lasso! Oh larve ingannevoli! Flipper, due paia di cuffie per la musica, uno schermo da 55'' che trasmetteva non-stop il cartone rotoscop del ’78, cabinati, altri disegni, pupazzi a grandezza naturale tra cui un Paperino (Paperino?!?! Sì…) vestito da Aragorn.
Qualche ora dopo, in un bar del quartiere, teniamo tutti gli occhi bassi, persi nei nostri pensieri, disegnando con l’indice motivi astratti sulla condensa formata dal tumbler di fronte a noi e ricolmo di qualche intruglio arancione.
E allora, mio caro ex ministro, una cosa gliela voglio dire. Perché quella mostra mi è sembrata lo specchio del suo mandato, che per sineddoche, come in un gioco di specchi, dà l’idea che questo governo ha della realtà. Una realtà in cui tutto sembra muoversi, abbellito da slogan e dichiarazioni sensazionalistiche, ma dietro cui si cela una retorica vuota, un’eterea inconsistenza che non è altro che mancanza di contenuto, pura superficialità, uno spot propagandistico celebrato brindando alla sua vera arte, quella della dissimulazione. Un’arte degna di Saruman.
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