Eros e Thanatos
Sosteneva Freud che la vita psichica è il campo di battaglia tra queste due forze. Vero, l'importante è che non si combatta in luoghi spiacevoli.
Sabato sono stato ai funerali del papa. Ho preso il 38 fino a Termini e raggiunto a piedi la mole imponente della Basilica Maggiore anticipata sulla piazza retrostante dall’obelisco un tempo parte del Mausoleo di Augusto, e mentre camminavo pensavo a quel pezzo puntiforme di granito passato dal fare la guardia a un imperatore all’altro, ritto sotto un sole già estivo, ignaro delle disposizioni del governo e brillante come il sorriso diamantato di Lil Wayne.
L’ultima volta che avevo festeggiato con sobrietà era stato al funerale di mia nonna M. Ricordo l’impegno profuso nello scopo, che quasi non avevo alzato il braccio durante il brindisi lasciando il flûte penzolare verso il basso, all’altezza del bacino, la coppa stretta fra pollice e indice, una tartina masticata a mezza bocca, mousse di prosciutto e olive. Eppure, per me ragazzo liceale, avevo imparato che quando morivano, i tiranni, era d’uopo festeggiare, e anzi, persino lecito ubriacarsi, e a forza, pròs bían, dicevano a scuola.
A quei tempi non ero capace di reggere lo sguardo severo di mio padre né quello biblico del nonno, da vegliardo Abacuc, ciglia folte e incanutite, che passava il poco tempo insieme a inculcarmi vetusti insegnamenti e paure irrazionali – ancora oggi mi tormentano: impossibile che ingoi un seme di cocomero con il rischio che possa crescermi una pianta nello stomaco. Io ascoltavo a disagio, seduto sul divano damascato cinabro e oro, cercando con lo sguardo le tette della zia enfatizzate dal nodo notturno del velo e allo stesso tempo evitando che un qualsiasi movimento potesse trasparire dal velluto consunto dei pantaloni. Sobria la festa, sobria l’erezione.
Appoggiato alla balaustra, ormai dimentico di quei giorni, conversavo con la suora veneta accanto a me, la mano a schermo sulla fronte per proteggermi dal sole, facendo previsioni sul prossimo papa:
«Mi credeo che el prossimo papa sarà quel filipin, come che el se ciama? Me piase i asiàtici».
Ascoltavo quell’accento celestiale e pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto essere in quel momento un cardinale, vestire la mozzetta scarlatta, allacciarne lentamente i bottoni, uno a uno nelle rispettive asole, accarezzare col palmo di una mano il velluto liscio di botteghe antiche, l’altra un indice in una pagina di breviario, ad te suspiramus gementes et flentes. E ancora uscire dalla mia piccola stanza nella Casa di Santa Marta e dopo una parca colazione (un po’ di affettato, olive e del pane bianco tostato) unirmi al conclave, camminare sotto la volta affrescata della Cappella Sistina, i sandali in marocchino leggeri sui marmi intarsiati, e sapere che tutto il mondo fuori aspetta una decisione, Nuntio vobis gaudium magnum…
Che poi ho capito perché stiamo tutti in fissa con questa storia del conclave. È che sembra un po’ di fare un salto nel passato, tipo assistere a un rito medievale, con la sua procedura millenaria e i parafernalia: la mozzetta il camauro la stola damascata, e alle pareti i santi che ti guardano, c’è Pietro che pesca, Matteo che riscuote le tasse, e intanto dalle cornici si affacciano serafini e cherubini e putti dai riccioli perfetti, e magari c’è qualcuno che sussurra, «Io quello non lo voglio votare», ma poi chissà, forse si ricrede, e allora Signore dammi il coraggio e rendi saldo il mio cuore.
Appoggiato alla balaustra, immerso in quel naufragio di pensieri, avevo ormai perso il timone dell’immaginazione. Ripensandoci ora non so cosa sia stato. Era come se qualcosa avesse innescato un pensiero inconscio, celato, dimenticato nel rimosso della coscienza. So che avevo di fronte a me, nitidi, i dettagli: il damasco cinabro e oro della stola, la colazione a base di prosciutto e olive, il velluto della mozzetta, l’atmosfera di lutto. Fu solo quando udii l’urlo inorridito della suora che mi svegliai da quel sonno libidinoso. Era successo di nuovo. Una nuova scandalosa erezione. Questa volta tutt’altro che sobria.
Ti voglio bene nonna.
(La foto nel thumbnail è di Calvin Craig su Unsplash.)
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