Posologia di un saluto romano
45, 90, 180°. Non sempre facile da riconoscere, ecco una breve guida per orientarsi fra le diverse inclinazioni articolari. Facendo attenzione alle controindicazioni.
Per un saluto a distanza, specie in presenza di spazio esente da condizionamenti esterni, e nell’eventualità che nessun ostacolo si frapponga agli interlocutori lasciando intatta la vista, applicare fino a 45° di saluto romano, facendo ben attenzione a che l’avambraccio risulti teso e il palmo della mano leggermente inclinato verso l’alto, nella nota posizione del girasole mattutino altresì detta del pisello barzotto (è risaputo infatti che un convinto saluto romano si accompagna generalmente alla cosiddetta sindrome del cazzo duro di maroniana memoria).
Qualora, al contrario, la distanza sia più ravvicinata (diciamo nell’ordine dei 5 metri), spingersi fino e non oltre i 90°, lasciando il bicipite perpendicolare al petto e l’avambraccio in posizione verticale, dando così forma al più classico degli angoli retti, categoria matematica tipicamente destrorsa a causa della spiccata spigolosità e del rimando a una celebre posizione sessuale nonché a un noto brand d’abbigliamento.
(Attenzione! Qualora si applicasse al palmo della mano una leggera rotazione lungo l’asse del polso si entrerebbe di diritto nella tipica variante Elisabetta II, variante dedita a interpretazioni a seconda delle circostanze d’applicazione, ma riassumibili grosso modo in due categorie: 1) il ciaone – mo me vado a fa’ un cicchetto de gin; e, ça va sans dire, 2) lo scherno – della serie io so io e voi nun siete un cazzo, bella pe’ voi.)
In casi di saluto ravvicinato, applicare ad uso topico il tradizionale metodo della dextrarum iunctio, afferrando saldamente l’avambraccio del proprio dirimpettaio e accompagnando il gesto con enfasi vigorosa dei muscoli, meglio se assistita da una decisa occhiata virile e da un sonoro schiocco d’epidermidi, il cui valore in decibel determinerà il grado di mascolinità del suddetto. Astenersi, possibilmente, da qualsiasi alterazione dalla norma, come strette di mano o vari pugnetti alla rapper, e financo, nella peggiore delle ipotesi, da effeminati baci sulle guance o teneri abbracci.
Viceversa, nelle situazioni di estremo giubilo, o in momenti di pura esaltazione mistico-guerriera, lasciare andare convintamente il braccio, meglio se con slanci appassionati, ma non prima di aver lubrificato e adeguatamente riscaldato i muscoli dediti al movimento, onde evitare strappi o infiammazioni dovuti a eccessivo accoramento. In questi casi, fare ben attenzione a utilizzare il braccio corretto, avendo cura di raggiungere la rigidità necessaria (circa 180°) e far sì che l’arto addetto allo sforzo sferzi l’aere come un coltello che affilato affondi nelle morbidità di un burro appena stemperato.
(Se possibile, cercare anche di unire i tacchi e stringere le chiappe nel momento di massimo slancio, aggiungendo così al gesto una roboante colonna sonora di sicuro effetto tragico e coreografico.)
In ultimo, negli accessi più estremi, ovvero nelle situazioni di più disperata gioia, avere cura di applicare una dose abbondante di saluto romano, esaltando il movimento del braccio con continue ripetute che dal petto si portino verso l’alto tagliando diagonalmente lo spazio, e accompagnando il tutto con urli e ululati selvaggi in rima con la parola “luce”, evidente allusione al vibrante lucore che il degente vorrebbe trasmettere al suo interlocutore. Infine, per una migliore riuscita del trattamento, allargare l’orbita oculare fino ad assumere un’espressione d’ispirata esaltazione, cercando di dilatare le pupille all’estremo mentre gli angoli della bocca assumono la consueta forma ad arco a tutto sesto che ricorda vagamente il culo di una gallina imbronciato.
ATTENZIONE!
Assistere anche solo di sfuggita all’esecuzione di pochi gradi di saluto romano può portare a severi effetti collaterali, tra cui indignazione selettiva e acuti vuoti di memoria. Nello specifico, fare attenzione a non dimenticare:
qualche morto in una piccola striscia di terra che s’affaccia sul Mediterraneo;
poliziotti in trasferta a vedere la Juve con l’hobby della tortura;
paesino del napoletano (ma che potrebbe stare benissimo nella campagna fiorentina, che so, tipo a Campi Bisenzio, per dire un posto a caso) sfortunatamente non famoso per la pizza ma dove si fa qualche macchina e bazzicano fino a 12 persone (o 12 mila, non ricordo);
una distribuzione redditi degna di The Sims;
una situazione lavorativa ferma a quando giocavo a The Sims (tanto tempo fa, purtroppo);
un’inflazione selvaggia dovuta alla beghe di qualche autocrate permaloso;
Et sequitur…
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Pasolini diceva (ab illo tempore) che essere antifascisti facendo riferimento al fascismo del ventennio era ingenuo e pretestuoso e persino in malafede. Una frase per la quale la destra provò a portarselo dalla sua parte, ma il cui senso è esattamente quello che dici tu alla fine. Ci soffermiamo sul saluto romano, quando abbiamo intorno un mondo che si sta completamente sfaldando grazie ad altri fascismi ben più pericolosi e (forse?) impliciti.
Ci sarebbe da riflettere molto, ma mi rendo conto che pensare è ormai cosa di pochi.