Elogio del perdere tempo
Una breve fuga estiva, una raccolta inaspettata, e un libro da rileggere ancora e ancora.
Per chi lavora in ambito editoriale i mesi di giugno-luglio possono rivelarsi particolarmente impegnativi. Un po’ perché si cercano di chiudere i progetti rimasti aperti prima dell’estate, e un po’ perché si allunga un occhio al cosiddetto periodo delle Strenne, a ottobre-novembre, quando i titoli che riempiranno gli scaffali delle librerie durante il periodo natalizio devono essere già adeguatamente curati (sì, ci si muove con larghissimo anticipo), insomma pronti per essere venduti.
Per questo è importante rimanere concentrati, stabilire una routine virtuosa e soprattutto dormire il numero giusto di ore per essere sempre freschi e riposati. Ed è per lo stesso motivo che lo scorso weekend ho deciso di trasferirmi sulla costa abruzzese per ricercare quel giusto mix di relax e tranquillità che mi permettesse di lavorare al meglio, lontano da ogni distrazione. Sfortunatamente alla fine le cose non sono proprio andate come avevo previsto, perché una volta arrivato più che lavorare ho passato il mio tempo… a cogliere le fragole.
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Ebbene sì, ho detto proprio fragole. E lo capisco, avreste ragione a storcere il naso, so che non è il periodo giusto, che maggio è passato da un pezzo e ormai al massimo si possono trovare le lumache al tramonto sulle foglie del genere Fragaria, eppure, evidentemente, le piante del mio giardino sono ritardatarie, proprio come me.
Questione di prospettive
Poi, non contento, sono andato anche al mare, e ho fatto il primo bagno della stagione. E dato che era sabato, e c’era un po’ di gente, mi sono spinto in là, oltrepassando gli scogli che fungono da diga foranea, arrivando fino alle boe, dove l’acqua è più bella. Ho immerso la testa a metà, lasciando solo gli occhi fuori, e ho finto di essere un naufrago, completamente disperso nell’oceano. E dopo un po’ mi sono girato verso la riva, e ho osservato le colline vicine di Roseto, bellissime, di un giallo spento e bruciato, e immaginato i calanchi un poco più in là, verso Atri.
Mi sono chiesto se casomai ci fosse qualcuno laggiù, che mi osservava così come stavo facendo io (e chissà magari ponendosi le stesse domande), e come dovesse apparire il mare visto da là, con le sue infinite sfumature di blu.
Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?
E così, almeno per quei giorni, di lavorare non se n’è fatto niente, mentre la pagine da rivedere si accumulavano, andando a rinfoltire un immaginario contatore elettronico che nella mia testa continuava a risuonare (un po’ quel suono che fa la campanella in quel gioco che si trova nei luna park, lo strongman, quello col martello che misura la forza), esattamente come ai tempi dell’università, quando dividevo il totale delle pagine da studiare per il numero di giorni che mi separavano dall’esame.
Doveva annà così fratelli’ direte voi, ma credo che in fondo sia un po’ quello che ho pensato anch’io, perché ormai rinunciatario ho tirato fuori il mio adorato Scrivere è un tic e mi sono messo a (ri)leggere, scoprendo con mio grande sollievo di non essere l’unico ad avere un talento particolare per la sottile e antica arte del perdere tempo.
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C’è bisogno di avere pomeriggi interi da buttare via
E così, mentre da una parte leggevo e scartavo l’approccio alla scrittura che poteva avere un Simenon – il quale era solito tenere tante matite appuntite a portata di mano per non perdere tempo, lasciandole cadere a terra e immediatamente rimpiazzandole con delle nuove –, dall’altra mi sorprendevo a notare le inaspettate affinità elettive che mi legano a Raffaele La Capria, il quale era solito trascorrere la sua giornata così:
La mia giornata è una continua perdita di tempo in cui cerco di includere qualcosa di creativo. Ma questo qualcosa di creativo che io includo nella perdita di tempo non sarebbe possibile se non perdessi tempo, perché per inventare qualcosa uno deve essere distratto, non essere concentrato. Così faccio.
Un concetto reiterato, seppur più icasticamente, da Claudio Magris, per cui per scrivere “c’è bisogno di avere pomeriggi interi da buttare via”, e da Nagib Mahfuz, che era solito fare la vita che avrei sempre voluto fare io:
Neanche Nagib Mahfuz è uno che sembra aver fretta di cominciare a scrivere. Quando si sveglia, la mattina, va a fare una passeggiata di un’ora. Poi va al caffè, e siede a lungo per leggere i giornali. Finalmente torna a casa e scrive fino a mezzogiorno. Poi mangia, dorme, e nel pomeriggio legge fino all’ora in cui guarda la televisione.
Non so, non saprei proprio dirvi qual è l’approccio giusto (ma fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate). So solo che è mercoledì e che tra poche ore uscirà questa newsletter che sto finendo di scrivere in colpevole ritardo, pronto non appena avrò pianificato l’invio a fiondarmi nelle migliaia di pagine che mi aspettano da rivedere entro lunedì. Colpa del weekend abruzzese, certamente, eppure mi sento così riposato che avrei voglia di andare al bar e regalarmi un bel caffè. Quasi quasi…
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Ad esempio qui parlo di meritocrazia, una parola che nasce all’interno di una critica a un sistema selettivo di educazione e all’egemonia culturale e politica esercitata da determinate classi dominanti;
Mentre qui esploro il favoloso mondo delle morning routine, indagando i perché della recente ossessione culturale per la produttività e il successo.
Mi (soprattutto ti) auguro tu sia poi andato al bar.
Perdere tempo è un'arte da coltivare con dedizione :P io mi sento molto versata in questa particolare disciplina, ha un effetto collaterale non proprio sano ma efficace: quando poi mi accorgo di dover trottare per recuperare il lavoro, rendo al massimo.
Non si può spiegare la gioia inaspettata che ho provato ieri quando, per incastri personali e emergenze familiari, ho dovuto prendere 4h di permesso dal lavoro, ritrovandomi così con un pomeriggio libero, tutto per me, non pianificato. Cosa ho fatto? Letto, naturalmente. E mi sono incantata a guardare le pale del ventilatore che girava e a sentire le gocce di sudore che man mano evaporavano. Che sogno! Il tempo meglio buttato della mia vita.