Salto ergo sum
Una reunion insperata, programmi andati nel verso sbagliato, e un'incomprensione filosofica con un dottore.
Mentre scrivo queste righe è da poco uscita la notizia di una possibile reunion degli Oasis, rumor che sarà confermato o smentito solo alle 8 di mattina di martedì 27 [Edit: This is it. This is happening!]. Perdonerete quindi se la mano trema leggermente (ma se scrivi sulla tastiera idiota? Fidatevi che trema!) e il discorso non risulta particolarmente fluido, a tratti illogico, come se a parlare fossero Raoul Duke e il Dott. Gonzo dopo una serata delle loro a base di coca e mescalina.
Che poi in realtà i miei piani per l’estate erano più o meno quelli (chiaro, se si escludono le droghe, non reggerei mezz’ora, “co l’età, le paranoie” cit.), nel senso che l’idea era quella di farmi prendere dall’hype collettivo e vivere anch’io una brat girl summer, andando in giro a fare qualche pazzia e comportandomi in modo indisciplinato senza curarmi troppo delle regole o delle conseguenze.
Solo che poi, come spesso succede, le cose non sono andate esattamente come previsto: perché il massimo dell’indisciplinatezza raggiunta è stato quando un giorno ho lasciato la tavoletta del cesso mezzo alzata, mentre l’unica pazzia che mi sono concesso è stata partecipare alla sagra della porchetta di Campli, dove a una certa è partito una specie di dj set che all’1 era già tristemente finito.
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La brutale, cruda verità è che ho praticamente passato mezza estate al Mucillagine, seduto su una sedia di plastica da bar a scrutare il mare e ascoltare Adriano, il proprietario del lido vicino alla spiaggia dove vado di solito, mentre con un costume di dubbio gusto mi sciorinava con fare dantesco le uniche cose per lui importanti nella vita: il tempo, la pesca, e la terza ve la lascio immaginare. Io ascoltavo e bevevo la mia birra, allungando la gamba da poco operata e cercando di recuperare dall’infortunio che mi aveva tenuto “fermo” negli ultimi 6 mesi.
È successo a dicembre dello scorso anno, quando durante una partita a basket devo essere probabilmente atterrato male dopo un salto, perché una piccola scheggia del menisco del ginocchio sinistro si è staccata, andando a posizionarsi fra la tibia e il femore. Niente di grave, a parte il dolore, breve ma lancinante, che sentivo ogni volta che appoggiavo male la gamba a terra, anche se poi per il resto riuscivo a fare tutto più o meno senza problemi.
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E così dopo un paio di visite andate male (“non è niente tranquillo, vai e conquista il mondo”) e qualche risonanza di troppo, finalmente ho preso appuntamento con l’ortopedico-chirurgo per pianificare il da farsi. Ero lì, nella saletta asettica adibita a studio, a raccontargli l’anamnesi per filo e per segno, descrivendo ogni particolare nei minimi dettagli, nella speranza di spiegarmi al meglio. Quindi, ci siamo salutati più o meno così:
- Va bene Davide, allora non ti preoccupare, io ti metto in lista per l’operazione e vedrai che in un mesetto la risolviamo, tranquillo. - Non so come ringraziarla dottore, è da un po’ che 'sta cosa va avanti e sinceramente comincia a diventare abbastanza stressante. - Certo, ci credo, immagino deve essere difficile andare a lavoro tutti i giorni così, fare le scale, prendere i mezzi e tutto il resto. - No, ma non è per quello, è che tra poco cominciano le serate swing e lindy hop a Villa Celimontana e così non riesco proprio ad andare.
Stranamente, dopo quest’affermazione i suoi occhi si sono posati su di me un po’ sospettosi, scrutandomi attentamente come per prendere le misure di quanto avevo detto. Ma alla fine quell’espressione severa e dubbiosa piano piano si è sciolta, dapprima in un leggero ghigno per poi esplodere definitivamente in una sonora risata che ha riempito col suo eco tutta la stanza.
Non so, forse non ci siamo capiti, perché non capisco dove sta l’ironia. Come posso dire di vivere, di essere, se non riesco ballare? Se non riesco a liberarmi almeno per qualche minuto della fisicità logica del mio corpo? Quasi che potrei dire che sono, esisto, per il solo fatto di poter ballare, ribaltando il celebre aforisma cartesiano: Salto ergo sum. Ma forse, evidentemente, sono io che ho altre priorità.
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Ma finiamo con le cose serie. L’avete fatto il cruciverba letterario dell’estate? E soprattutto, vi è piaciuto? Fatemelo sapere nei commenti e se avete qualche insulto o maledizione che vi siete tenutə in gola aspettando questo momento non esitate, andate a briglie sciolte, liberate la fantasia, sfogatevi (anch’io dopo essermi arenato nell’ultimo numero della “Settimana Enigmistica” al 19 verticale, “Famoso giornalista e rivoluzionario giacobino”, qualche anatema a Morelli l’ho lanciato).
Intanto qui sotto vi lascio la soluzione! Io stasera me ne vado a Villa Celimontana.
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Pure io estate del piffero, diciamo che le aspettative ormai sono un concetto sopravvalutato. Non capisco perché il tuo medico abbia riso, ballare è una cosa serissima, in effetti. Il lindy hop dev'essere bellissimo, mi piacerebbe imparare! Bentornati Carteggi! <3
Che bello, sono tornati i carteggi! <3
PS sabato mattina h10, sono prontissima!